Invito alla lettura!
Spesso le persone che
chiedono una psicoterapia sono inconsapevolmente motivate più dal bisogno cognitivo,
di conoscere il metodo utilizzato dal terapeuta, che dal vero desiderio di benessere.
Infatti, già in seguito ai
primi incontri, il fatto di star meglio per alcune persone diventa quasi una provocazione
intellettuale in cui cercare di capire ‘che cosa e come li fa star meglio’ piuttosto
che essere un alimento ulteriore alla spinta di cura.
Il rischio di questo desiderio
di conoscenza è che, a lungo andare, si possa camuffare di emulazione, poi di competizione
e poi rischiare di diventare odio e livore perché si carica di frustrazione per
non riuscire a capire cosa e come laddove non c’è niente da capire.
Sono le classiche difese
intellettuali, quelle che si vestono di seduzione in ambito clinico e che ammantano
di orpelli il terapeuta, oggetto e vittima dell’ammirazione, che incautamente
accetta di porre rimedio agli aspetti del suo intervento apparsi
incomprensibili. In tal caso, le spiegazioni saranno sempre incomplete e
insoddisfacenti perché lo spirito
della guarigione è sempre dentro il paziente e non nel terapeuta che potrà solo
osservarla e assistervi.
Il problema dell’analisi
clinica sta proprio nella difficoltà del rendere comunicabile l’operato
psicoterapeutico perché, volendola dire in termini romantici, pur riuscendo a
rappresentare verbalmente il metodo e l’ortodossia dell’operato, la magia dell’intervento
sta sempre nella relazione. Checché se ne dica, è l’incontro tra le persone che
diventa miracoloso e la ‘bacchetta magica’ della
trasformazione sta nel loro rapporto.
Perciò, quando si decide di
sottoporsi ad un percorso di psicoterapia, la prima cosa da decidere è se si
vuole star bene o se si vuole capire come star bene. Cosa che, a pensarci bene,
è un rimando alla fiducia.
Finché si cerca di capire i modi in cui si può stare bene è inutile
andare dallo psicoterapeuta; in tal caso sarebbe più utile fare un corso di counselor o di
sostegno alla persona o di volontariato. Al contrario, quando e se si decide di
andare da uno psicoterapeuta per stare meglio, bisognerebbe solo preoccuparsi di verificare se si verificano stati di benessere e di eventuale regressione del malessere e/o dei sintomi senza cercare di capire in che modo ha funzionato l'intervento.
detto in altre parole, quando si decide di
sottoporsi ad un intervento psicoterapeutico, bisognerebbe curare l’assunzione
di un unico ruolo specifico, quello del paziente, senza lasciarsi sedurre da
quello di comprendere il modo di funzionare del
terapeuta che attiene ad un ruolo complementare a quello del paziente. E ciò vale anche, e forse specialmente, quanto più aumenta la spinta
competitiva e il desiderio di conoscere i segreti di tanta arte.
A questo proposito è necessario sapere che, in particolar modo nei processi relazionali che fondano i rapporti terapeutici, c’è sempre un binario sfocato e difficile da cogliere che un pò somiglia a quanto accade
nel riposo in cui, così come il sonno allunga la vita, il sogno la
illumina! ... e non si sa come avvenga.
Giuseppe Ciardiello
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