martedì 13 settembre 2016

Vestiti di stress, colorati dal panico






L’ansia che esita in un disturbo panico infastidisce perché costringe la persona a confrontarsi con la propria capacità di resilienza.


Le dimensioni psicologiche che caratterizzano il panico (l’equilibrio, la capacità di abbandonarsi, la fiducia, il controllo, la possibilità di esprimere la rabbia), in occasione di stress sono messe a dura prova. Queste dimensioni caratterizzano gli stati del panico fino a renderli specifici per ogni persona e, in momenti particolari, possono rivelarsi eccessive o deficitarie.


Vissuti dal controllo si può essere controllanti fino all’esasperazione e all’esaurimento oppure incapaci di tenere a bada anche le cose più semplici. Dai pezzi del proprio corpo (cuore, polmoni, stomaco ecc.) ai sentimenti più banali, che colorano i sogni e i rapporti, all’agenda degli impegni e ai quotidiani appuntamenti della nostra vita. È possibile tenere tutto sotto un controllo rigido e fisso oppure lasciare sfuggire ogni opportunità e i fili dell’esistenza e vivere un incerto sentimento di incompetenza generale.





Si può essere equilibrati nel camminare, nel muoversi e respirare, nel confrontarsi con la realtà delle relazioni oppure si può essere troppo razionali o troppo sentimentali. A volte troppo timidi e impacciati, sempre a disagio o, al contrario, troppo disinvolti al punto da sfiorare l’invadenza e, per il troppo essere o non essere, ci si può accorgere di espressioni automatiche di cui si è perennemente pentiti ma per le quali è sempre troppo tardi per rimediare o fare diversamente.


Ci si può svegliare rabbiosi la mattina senza conoscerne il motivo e continuare a vivere sapendo che non si sarà mai capaci di liberarsi dal rancore e dall’odio che alberga nel cuore. E si può anche sapere che questo è il motivo della tristezza ed esserne angosciati e, ancora di più, afflitti dalla consapevolezza di non saperne né poterne parlare, raccontare ed esprimere in una relazione quel mostro nascosto e legato a doppio filo con un profondo senso di ingiustizia, arcaico quanto sconosciuto.

Si può sapere che è in quella dimensione rabbiosa che alberga la depressione e, ciononostante, che non si sarà mai in grado di liberarsene perché spaventati dall’esito perennemente ignoto.

Si può essere afflitti dal tremore che, si sa, è dato dall’incapacità di monitorare quella rabbia; di dargli un senso costruttivo nelle relazioni che si ritengono importanti.

Ancora, automi paradossalmente consapevoli di questi vissuti, si coltiva la sfiducia negli altri perché è in sé stessi che manca principalmente e, non avendo fiducia in sé, non si può avere fiducia negli altri. Se si è capaci di fingere, di recitare l’amore, anche quando dentro si trema di rabbia, allora tutti lo fanno e anche gli altri, tutti, ne sono capaci e perciò, anche per il solo fatto di esserne capaci, recitano.

E se è tutto una recita, come ci si può abbandonare a sé stessi e agli altri? Come è possibile godere, tra le braccia di chicchessia, di momenti di abbandono, di orgasmo e di gioia? O anche solo di semplice riposo?
Al contrario della solita fuga e del consueto comportamento di evitamento, se ci si consente di sperimentare, con le giuste modalità, nei tempi necessari e con l’attenzione di cui si è capaci, gli stati fisici e mentali che accompagnano l’ansia che esita nel disturbo panico, allora questi si possono rivelare un’opportunità e possono essere usati come strumenti per una nuova e diversa consapevolezza.
Il panico non è l’attacco di panico.
Il panico è un vestito soggettivo che diventa evidente nei modi d’essere personali; si è organizzato corrispondentemente alla storia di ognuno e, quando arriva a manifestarsi nelle sue forme esasperate, spesso dovute ad un continuum esistenziale sfuggente e inconsapevole, è capace anche di arrivare al suo estremo limite deteriorandosi e scomponendosi negli elementi costituenti.
Il panico è un abito che necessita di essere curato e i tanti capi, intimi e sociali, non sempre sono scelti. Ma, proprio come quando ci si veste, è dal di dentro piuttosto che dal di fuori che si è colorati dai propri abiti caratteriali e temperamentali. E dato che sono parti indossate da ognuno, quegli stati descritti come disturbo panico hanno bisogno di essere visti e riconosciuti per poter essere re-indossati come, quando e se si desidera.
Le dimensioni psicologiche sono i capi che formano il vestito e, per il modo in cui si indossano, rivelano anche l’amore per il proprio stile.
Giuseppe Ciardiello

PS: per i colleghi terapeuti iscritti al convegno FIAP 2016, che si terrà a Ischia dal 6 al 9 ottobre 2016, le modalità di intervento pratico per dimensioni psicologiche, derivate dalla vegetoterapia, saranno illustrate nel seguente WS.




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