Gli
animali hanno dei desideri? Certamente, ma per
comprenderli è necessario partire dalle loro motivazioni,
vale a dire da quelle propensioni che
si traducono poi in azioni,
come rincorrere, esplorare, competere.
Il
gatto non vuole la pallina, desidera rincorrere, così come il cane
ama collaborare e quando svolge un’attività insieme a noi ecco che
il suo desiderio più grande si avvera.
Le
motivazioni sono perciò delle tendenze
all’azione che
caratterizzano una specie o una razza rendendo il soggetto smanioso
di poter compiere quell’attività.
Nel
momento in cui le motivazioni del soggetto trovano soddisfazione
perché richiamate ed espresse, magari in un gioco, l’animale
trova gratificazione,
cioè un piacere che è soprattutto coinvolgimento
e gioia.
Ma
c’è qualcosa di ancora più importante: poter
esprimere le proprie motivazioni dà appagamento,
cioè rasserena e tranquillizza togliendo
inquietudine e noia,
che sono alla base dei più importanti problemi comportamentali. (I
bisogni e i desideri nel cane e nel gatto)
Da
un punto di vista prettamente comportamentale, sono tante le cose che
testimoniano la nostra appartenenza al mondo animale e tra queste c'è
il bisogno e il desiderio che, tradotto nei termini dello scritto
precedente: 'Le
motivazioni sono perciò delle tendenze
all’azione che
caratterizzano una specie o una razza rendendo il soggetto smanioso
di poter compiere quell’attività.' porta
ad assimilarne i significati.
Dal
punto di vista fenomenologico dobbiamo invece ammettere che è
possibile ci sia una differenza sostanziale tra desiderio e bisogno.
La
motivazione arricchita della fantasia, che carica il bisogno di tutto
il pregresso significato storico ed evolutivo di ognuno, è ciò che
fa dell'essere umano un 'essere desiderante'. E' ciò che prefigura
un desiderio mai veramente realizzabile e che lo rende quindi
anelante di un qualcosa mai veramente raggiungibile. Da questa
condizione nasce la spinta allo sperare e l'anelito che conduce al
'credere'.
Il
'credere' fa parte dell''essere umani' ed è come una precondizione
da cui possono sorgere le regole della convivenza. Perciò si può
'credere' nell'altruismo, nella bontà, nell'odio, nelle diverse
passioni, nell'appartenenza, nell'indipendenza o
nell'interdipendenza. Ognuna di queste credenze è ugualmente
legittima per cui il 'vero' non sta nell'essenza di una o dell'altra
fede bensì nella loro condivisione. Più una credenza è condivisa
più sarà legittimata.
La
conseguenza del credere è che il comportamento adottato sarà ad
esso conseguente e ci si muoverà quindi in base a ciò che si crede.
Credere
in qualche cosa, e quindi avere una credenza significa che,
nell'approccio con la realtà e nelle relazioni, si contribuisce a
costruire rapporti che configurano una relazione alla cui base c'è
quella credenza. Ci si circonda quindi di condizioni che confermano
la credenza e si escludono quelli che non la confermano.
Coerentemente con la credenza, ci si circonderà inoltre di eventi
che la confermano e si acquisirà una corrispondente sensibilità e
preferenza. Per conseguenza gli eventi e le esperienze che
disconfermano la credenza non sono colti e, trascurati con
superficialità, passano inosservati.
Credere,
in qualche modo vuol dire 'creare' in un gioco di fantasia dove si
costruisce la realtà.
Questi
stessi comportamenti alimentano e sostenegono le false credenze.
Se
da piccoli ci si convince di essere inadeguati o incapaci e se si è
stati destinati ad una categoria particolare, per designazione
genetica o sanitaria, dai genitori, dagli amici o parenti, e a volte
anche dagli educatori o maestri e insegnanti, poi ci si comporterà
in maniera tale da riprodurre le caratteristiche di quella categoria
con un'enorme difficoltà a cambiare destino e venirne fuori in
maniera indolore. In ciò consistono le 'false credenze': convinti di
essere sfortunati, sfigati, cattivi, inadeguati, indegni di amore e
di attenzione, brutti e incapaci, oppure eccezionali, speciali,
fidati ecc., ci si ritroverà con situazioni che quella credenza
sostengono e dimostrano. Così la realtà si completa nella
circonferenza di un cerchio in cui il 'cane si morde la coda': è
così perché ci credo; ci credo perché è così.
Una
storiella di Osho ironizza su ciò che può accadere alle persone
'credenti':
"Due
preti stanno giocando a golf. Il più giovane manca una buca
facilissima ed esclama: <<Cazzo!>> Il più anziano lo
rimprovera ammonendolo: <<Fratello, se continui a dire
parolacce, Dio andrà in collera e ti annienterà con un fulmine!>>
i
prelati riprendono a giocare; di nuovo il più giovane manca un'altra
buca, ed esclama: <<Cazzo!>>
All'improvviso
i cieli si spalancano, si ode un fragor di tuono e un fulmine
lampeggia repentino... stendendo il prete più anziano, che rimane
riverso al suolo, stecchito.
Cala
un silenzio eterno, poi la voce del Signore rimbomba nel cielo come
un tuono: <<Cazzo!>>
Le
tue divinità non possono essere diverse da te. Chi le crea? Chi dà
loro forma o colore? Tu le crei, tu le scolpisci: hanno occhi come i
tuoi, un naso come il tuo... e una mente come la tua!" (da
'La mente che mente', Osho, Urra ed., 1979, p. 99).
I
MDD sono processi organismici allo stesso modo delle credenze.
Articolano in maniera complessa il modo d'essere delle persone e ne
disegnano le modalità interattive. Come le credenze anche iMDD in
quanto processi non è detto che siano stati individuati
completamente. È possibile ci siano ulteriori configurazioni non
ancora individuate e che possano emergere con l'aumentare delle
conoscenze delle dinamiche relazionali.
Presenti
in ogni persona, lo sono in ognuno in modo (modalità e grado)
diverso perciò, quando ci si chiede da dove vengano, come si formano
e quali stimoli sono necessari perché si configurino i MDD, ci si
sta ponendo false domande. Osservando con più attenzione i processi
che li formano è facile intuire che i processi del 'credere a
qualcosa' o 'proiettare', 'dissociare' o 'idealizzare' sono tipici
modi di 'essere umani'. Questi processi appaiono costitutivi
dell'organismo nel senso che sono potenzialmente presenti
nell'organismo umano fin dalla nascita (e sarebbe meglio dire fin dal
concepimento!) e fin da allora hanno la stessa possibilità di
realizzarsi. Nel corso della crescita e dello sviluppo delle
relazioni, i MDD si concretizzano incarnando modi interattivi
personali. Tali processi assumono l'aspetto, psichico e corporeo,
corrispondente alle configurazione con cui li conosiamo presentandosi
in modo singolarmente simili, ma non uguali, in ogni persona.
In
pratica è in 'questo modo' che l'essere umano funziona.
Questi
processi sono parte del modo d'essere delle persone al punto che, se
non ci fossero, non saremmo quello che siamo. Saremmo probabilmente
'non umani' perché la nostra umanità è data proprio dall'esistenza
di questi processi che ci rendono sensibili alle relazioni che così
possono condizionarci.
È
apparentemente banale parlare dei MDD in termini di costituzionalità
ma è proprio questa loro imprescindibilità che permette di
ricondurre la loro eventuale disfunzionalità, del credere e dei MDD,
non al loro essere presenti o meno nel complesso personologico, bensì
al loro grado di utilizzazione piuttosto che alla semplice presenza.
Nell'organismo
umano tutte le credenze sono possibili così come lo sono tutti i MDD
per ogni personalità. I processi alla loro base sono uguali per
ogni persona così che ognuno decide di credere ad una o all'altra
cosa allo stesso modo in cui ognuno alimenterà alcuni MDD invece che
altri. Si crederà di più a qualcosa e meno a qualcos'altro ed
emergeranno più intensamente alcuni MDD rspetto ad altri. La
distinzione la faranno la rigidità e la frequenza con cui le
rispettive credenze e i MDD saranno attivati e che, al di là di una
'normale' finestra di tolleranza, ne decreteranno la
disfunzione.
Credenze
e MDD di difesa nel corpo
Anche
nell'uso di una psicoterapia corporea come la Vegetoterapia, che si
confronta con la disamina degli aspetti cognitivi a partire dal
corpo, ci si incontra con le credenze e i MDD che, facendo parte
parte del modo d'essere della persona, assumono anche una forma
corporea che li fa definire incarnate. In una configurazione
organismica complessiva la persona "è" i suoi modi di
difendirsi e i suoi modi di credere per cui, da un punto di vista
terapeutico, è necessario pervenre a una formula che decodifichi la
relazione che l'organismo agisce nello svolgimento dell'interazione
con l'operatore terapeutico.
Ma
allora che significa svolgere un lavoro corporeo riferendosi ad una
psicoterapia 'Corporea'?
Fino
a qualche anno fa l'atteggiamento generale degli psicoterapeuti
corporei era quello dell'osservazione comportamentale. Più che a
questo tipo di osservazioni, la Vgt parlava genericamente di energie
e faceva riferimento anche a quegli aspetti più tipicamente
automatici e 'vegetativi' quali brividi, tremori, tensioni,
temperature, rigidità posturale, modalità di appoggio dei piedi,
elasticità delle ossa mobili (prima di tutto gabbia toracica e
colonna vertebrale), mobilità del bacino ecc. Anche queste
manifestazioni però non rappresentavano tutto l'organismo e non
erano le uniche 'vere' rappresentazioni del modo d'essere delle
persone.
Con
l'avvento delle neuroscienze, della New age e dei più recenti punti
di vista (Searle ecc.) che hanno recuperato alla scienza le modalità
introspettive della meditazione buddhista e delle esperienze
orientali, con l'apporto dell'osserazione in prima persona, l'aspetto
energetico ha preso un significato più ampio: "A partire
dalle sensazioni bottom – up, costruiamo innumerevoli forme di
percezione e cognizione: i nostri pensieri e ricordi e le nostre
convinzioni sul mondo. A loro volta, queste costruzioni esercitano un
influsso top down. È così che giungiamo a vedere ciò che
corrisponde alle nostre convinzioni: È il risultato del livello top
down delle nostre costruzioni mentali, che influiscono sul nostro
modo di fare esperienza della realtà.
E
il Sé può diventare una di queste costruzioni top down; infatti, la
nostra concezione del Sé deriva da ciò che abbiamo appreso, e
questa concezione a sua volta plasma la nostra percezione del Sé: il
nostro senso del Sé si basa su ciò che crediamo che esso sia.
È un processo che si rinforza da sé, che si autorinforza. ('Tra
me e noi', D. J. Siegel, Raffaello Cortina ed., 2023, p. 25)
In
quattro dei miei libri precedenti ho avanzato l'ipotesi che la mente
sia una proprietà emergente di flussi di energia incorporati e
relazionali; i flussi hanno origine, emergono, dentro il nostro
cervello e il nostro corpo delimitato dalla pelle (flusso
incorporato) e all'interno delle nostre relazioni con le persone e il
pianeta (flusso relazionale). (idem, p. 73)
Nel
libro appena citato D. J. Siegel descrive l'organismo umano come
composto da flussi di energie che si incontrano configurando forme
composite che, coordinate e integrate, costituiscono singole e
soggettive armonie dell'organismo umano.
Così
considerate le forme assunte dagli organi, dal cervello, dalle ossa,
dalle fibre muscolari, dai tendini ecc., sono le diverse
configurazioni assunte da un'unica forma di energia che,
nell'organismo umano si organizza e genera quella che definiamo
'mente'.
Da
questo punto di vista non ha più senso differenzire le funzioni
organismiche che, da sole, non spiegherebbe mai la genesi mentale.
Pur
essendo estremamente utili in campo scientifico (medicina, biologia
ecc.), anche in psicologia la differenziazione corporea si rivela
fallace. Anche quando è necessario conoscere in dettaglio i singoli
organi che compongono l'organismo, come quando è necessario
conoscere il ruolo svolto dai neuromediatori (sostanze chimiche
prodotte dal corpo stesso) e dai neuroni (organi costituenti i
diversamente definiti sistemi nervosi), i prodotti mentali non sono
riconducibili a singoli settori corporei o agli organi del sistema
nervoso. Così, dato che il corpo comprende anche il SNC (cervello) e
periferico (nervi e midollo spinale), e che è l'organismo
complessivo a costruire e sostenere le relazioni, il corpo e la mente
formano un'unica realtà: CorpoMente.
In
tal caso ogni forma corporea contiene in sé l'impronta mentale che
colora l'agito relazionale. Che detto in altri termini significa che
le proprie credenze, le convinzioni e difese (fische/mentali)
formatesi per le relazioni vissute nel corso delle prime vicende
evolutive, hanno una forma che è sostenuta da un processo
neurofisioogico che si riverbera in tutti gli agiti relazionali
successivi.
Sarà
allora possibile, avendo appreso un vocabolario tecnico operativo
adeguato (la Vgt), tradurre le azioni corporee in azioni mentali
corrispondenti così da comprendere le credenze e i MDD specifici che
le accompagnano.
Appare
quindi chiara la funzione degli acting di Vgt: sono proposti allo
scopo di promuovere un 'agito' in ambiente protetto (il setting
terapeutico) che, libero dalle influenze esterne, può testimoniare e
rendere evidente la forma mentale implicita.
Giuseppe Ciardiello