Anche in Vegetoterapia (Vgt) è piuttosto frequente l'uso del termine funzionale.
Spesso è usato genericamente riferendosi al controllo/conflitto di istanze psicologiche (... la capacità di gestire funzionalmente la propria corazza) o alla loro integrazione (identità funzionale) o alla meccanica distribuzione dell'energia (...una distribuzione più funzionale della libido).
Gli stessi processi cerebrali, normalmente poco considerati in Vgt perché assimilati ai movimenti corporei (vedi l'identità funzionale), vengono considerati un attributo del pensiero funzionale lasciando un debito esplicativo nei confronti del pensiero che funzionale non è; ci si potrebbe chiedere se un processo cerebrale elementare, inserito in un complesso mentale con esito disfunzionale, sarebbe a sua volta disfunzionale? O, al contrario, un organo disfunzionale rende l'intero sistema disfunzionale o l'adattamento complessivo rimane funzionale?
Mancando di una chiarificazione, il normale uso del termine funzionale sembra riferirsi, da un lato, al migliore adattamento contestuale, senza però specificare se il riferimento è agli elementi che compongono il sistema o al sistema nel suo complesso e, dall'altro, fa riferimento alle funzioni che gli elementi svolgono e, si presume, in relazione agli organi o agli elementi costituenti.
In ambedue i casi non sembra possibile prescindere dall'obiettivo che il sistema persegue.
Il problema non è di poco conto perché l'intelligenza di un sistema, che si realizza nell'adattamento alla realtà, consiste nell'usare gli elementi costitutivi in funzione dell'obiettivo. Gli elementi saranno funzionali se contribuiscono alla realizzazione dell'obiettivo dell'intero sistema il quale, a sua volta, sarà un sistema funzionale.
Ciò vuol dire che, per definire la funzionalità di un sistema, è necessario conoscerne l'obiettivo.
Guardando da vicino questo termine così semplicisticamente usato in ogni ambito, il dubbio che possiamo assumere è che nelle intenzioni di Reich scienziato ci fosse quella di un suo uso generalizzato.
Contemporaneo di Reich (24 marzo 1897; 3 novembre 1957), Anochin Pëtr Kuz′mič (14 gennaio 1898; 6 marzo 1974) si occupava di fisiologia e nello studio dell'arco riflesso definì il sistema funzionale.
Nella sua definizione il termine funzionale designa processi complessi capaci di autocorreggersi in relazione al contesto.
Il sistema funzionale di Anochin inquadra le singole risposte fisiologiche e comportamentali in un più ampio contesto funzionale collegando l’input e l’output. Esso è uno schema operativo che descrive, a partire dall’arco riflesso, il processo generativo di atti fisiologici e comportamentali. Esso è costituito a livello cerebrale da:
Una sintesi di afferenze sensoriali (vie nervose afferenti Una presa di decisione Una programmazione della attività periferica sia neurovegetativa che senso-motoria, che possono costituire l’impalcatura dell’azione La realizzazione dell’azione programmata attraverso vie nervose efferenti che stimolano l’attività motoria e secretoria di muscoli e ghiandole La verifica della corretta esecuzione del programma attraverso re-afferentazioni neurologiche di ritorno (feedback).
Un sistema funzionale è un sistema di coordinamento applicabile ai singoli apparati fisiologici (es. sistema cardiocircolatorio, respiratori ecc.), a “più apparati” coordinati tra loro e ad azioni (la cui componente strutturale è costituita dall’attività muscolare-motoria vegetativa). Il sistema funzionale costituisce l’impalcatura di contesti funzionali complessi che, per praticità, chiamiamo “psicologici”. Secondo questa ottica l’Io è un sistema funzionale sovraimposto a tutte le funzioni dell’individuo. Esso svolge la sua attività attraverso complessi ed articolati rapporti con i sistemi funzionali dell’organismo ed i loro sistemi di coordinazione. Rispetto al modello di Anochin, l’Io, in quanto sistema funzionale integrato, attraverso la sintesi integrata delle afferenze sensoriali, presenta il fenomeno della coscienza (autoconsapevolezza) che genera la comparsa della dimensione psicologica. Spesso succede che, ponendo attenzione alla base neurologica (l’equivalente delle corde di una chitarra nell’esempio del rapporto struttura-funzionale), non si pone abbastanza attenzione al fatto che la dimensione psicologica è presente in ogni atto percettivo, poiché esso implica una operazione di lettura di un evento da parte di un soggetto.
Da: (Ruggieri, Vezio, “Riflessioni psicofisiologiche su L’Epistemologia romantica di Christian Rittelmeyer,”, in Politecnico le scienze, le arti; Numero 1-3 Anno 2012, Alpes ed.). Nota al Sistema Funzionale di Anochin.(Anochin, P. K., Biologia e neurofisiologia del riflesso condizionato, Bulzoni, Roma, 1975)
Le note di Ruggieri rendono più comprensibile il termine funzionale riconducendo tale definizione ai sistemi complessi che a) cercano di adattarsi all'ambiente e b) rimangono funzionali anche quando c'è un deficit di elementi e così c) realizzano un nuovo adattamento.
Possiamo affermare che un sistema è funzionale quando realizza compiutamente l'obiettivo per cui è stato realizzato.
Analogamente, un elemento del sistema è funzionale quando svolge compiutamente la funzione per cui è realizzato.
Il termine compiutamente non può che prevedere un range, tra un minimo e massimo, all'interno del quale il funzionamento dell'elemento non pregiudica la realizzazione dell'obiettivo.
Possiamo affermare che un sistema è funzionale quando realizza compiutamente l'obiettivo per cui è stato realizzato.
Analogamente, un elemento del sistema è funzionale quando svolge compiutamente la funzione per cui è realizzato.
Il termine compiutamente non può che prevedere un range, tra un minimo e massimo, all'interno del quale il funzionamento dell'elemento non pregiudica la realizzazione dell'obiettivo.
Da quest'ottica il pensiero è a) sempre funzionale (non smette di esserlo solo perchè non piace), b) dipende dal contesto (la relazione) e c) dà luogo a quella funzione particolare, riconducibile alla coscienza, capace di generare la dimensione psicologica (DP)
La DP sarà la modalità soggettiva e personale che le persone adottano nel loro rapporto specifico con la realtà.
Le DP, come prodotto della funzione della coscienza, saranno sempre funzionali perchè corrispondenti agli elementi che il sistema "Io" utilizza per il perseguimento degli obiettivi relazionali.
La valutazione della loro funzionalità sarà sempre soggettiva perchè sarà corrispondente al range che l'Io stesso avrà stabilito di tollerare in funzione del perseguimento dell'obiettivo finale.
Per esempio, la dimensione dell'equilibrio nel Disturbo Panico, si presenta sia come dimensione psicologica (equilibrio psicologico) sia come dimensione corporea (controllo equilibrato del proprio corpo in relazione) sia come dimensione neurologica (controllo dell'equilibrio fisico).
In momenti di crisi l'Io perde la capacità di controllare la propria integrità e ciò si manifesta sia a livello fisico che psichico.
La non integrazione di quei momenti non è riconosciuta in quanto tale ma vissuta come disintegrazione.
Riconoscendo tale DP nel panico diventa possibile pensare un intervento terapeutico che preveda una reintegrazione degli elementi costituenti (cognitivi, relazionali e fisico corporei) agendo sia con metodi cognitivi, sia comportamentali sia corporei. In tal modo l'intervento diventerebbe un'esperienza e si caratterizzerebbe dell'aspetto relazionale.
Ciò varrebbe per tutti i disturbi in quanto ogni disturbo è relazionale e mette in campo insiemi di DP che l'Io utilizza come elementi più o meno funzionali.
Le DP, come prodotto della funzione della coscienza, saranno sempre funzionali perchè corrispondenti agli elementi che il sistema "Io" utilizza per il perseguimento degli obiettivi relazionali.
La valutazione della loro funzionalità sarà sempre soggettiva perchè sarà corrispondente al range che l'Io stesso avrà stabilito di tollerare in funzione del perseguimento dell'obiettivo finale.
Per esempio, la dimensione dell'equilibrio nel Disturbo Panico, si presenta sia come dimensione psicologica (equilibrio psicologico) sia come dimensione corporea (controllo equilibrato del proprio corpo in relazione) sia come dimensione neurologica (controllo dell'equilibrio fisico).
In momenti di crisi l'Io perde la capacità di controllare la propria integrità e ciò si manifesta sia a livello fisico che psichico.
La non integrazione di quei momenti non è riconosciuta in quanto tale ma vissuta come disintegrazione.
Riconoscendo tale DP nel panico diventa possibile pensare un intervento terapeutico che preveda una reintegrazione degli elementi costituenti (cognitivi, relazionali e fisico corporei) agendo sia con metodi cognitivi, sia comportamentali sia corporei. In tal modo l'intervento diventerebbe un'esperienza e si caratterizzerebbe dell'aspetto relazionale.
Ciò varrebbe per tutti i disturbi in quanto ogni disturbo è relazionale e mette in campo insiemi di DP che l'Io utilizza come elementi più o meno funzionali.
Le diverse DP compongono le persone e le caratterizzano nelle loro scelte e nel modo di leggere e costruire la realtà; sono come capi d'abbigliamento che si è imparato a indossare nel corso della propria esistenza, dal concepimento all'età adulta.
Corrispondono alla storia relazionale di ognuno costruitasi e confermatasi in tutte le relazioni.
Sono gli abiti nei quali ci si sente a proprio agio, quelli che con più dimestichezza si è imparato ad indossare in momenti specifici e particolari e quelli che si sceglie d'indossare a seconda delle relazioni e dei contesti con cui ci si confronta.
Le DP caratterizzano le persone nelle relazioni normali e in quelle disturbate e le corrispondenti modalità interattive saranno indicative dei tratti di personalità.
Da questo punto di vista le DP possono essere considerate elementi sovradeterminati rispetto alle personalità nel senso che, ogni personalità, darà la propria impronta alla dimensione rappresentata nel comportamento agito.
Le DP sono allora anche gli elementi costituenti del sistema Io e, pertanto, sono sempre funzionali alla realizzazione di un certo tipo di personalità.
La disfunzione potrà essere avvertita solo al momento della rottura collusiva; momento in cui le persone avvertono una distanza tra l'obiettivo comportamentale e l'agito. Comprensione che può essere resa agendo sulle DP nelle loro espressioni metaforiche (cognitive e corporee).
Così, una volta individuate le DP di cui una persona si avvale, l'indagine corporea e verbale metterà a confronto la persona con le proprie modalità di realizzazione delle stesse DP favorendone la disamina, la rielaborazione, la ricostruzione o la sostituzione.
Giuseppe Ciardiello
Giuseppe Ciardiello