domenica 1 maggio 2016

Il posto della mente

Le neuroscienze hanno solo confermato quello che i maestri ci avevano già raccontato:

... che gli alberi hanno una chioma!
"Nelle mie lezioni ho sempre sostenuto che la vera nascita ha luogo verso la terza settimana dopo il parto. In questi primi giorni di vita, la diade madre-figlio costituisce, infatti, un'entità a sé. Il ritmo dei rapporti è ancora fetale: uno chiede e l'altra risponde con messaggi subliminali che solo loro capiscono; poi, a poco a poco, la madre comincia a dare significato ai "segnali fisici" del bambino e, tra la terza e la quarta settimana, parte il "computer umano" e la madre inizia a creare la "mente" di suo figlio: ecco la radice oscura e affascinante della nascita dell'intelligenza umana." (pag. 11)"

"Nel primo anno emozioni e sentimenti sono l'alimento della vita affettiva del bambino: è dal loro intreccio che nasce la capacità di amare e di essere amato. Il linguaggio dei sentimenti precede quello della parola. Ed è attraverso lo sviluppo affettivo che il bambino impara a poco a poco a pensare e a parlare." (pag. 12)

("Le madri non sbagliano mai", G. Bollea, Feltrinelli, 1995)

Quando le madri cominciano "a dare significato ai "segnali fisici" del bambino", significa anche che hanno individuato il luogo dove si realizza questa creazione.

L'amigdala, l'ipotalamo, il corpo calloso e tutti gli altri agglomerati neuronali che compongono il cervello, corrispondono agli organi che producono le funzioni che, aggregandosi, creano la mente.

... la creano ma non la formano; o la costruiscono! ed è tutto molto semplice: la mente sta al cervello come la chioma dell'albero alle foglie.

...ho cercare di trovare la chioma nelle foglie...
La mente è una funzione che emerge da tutte le funzioni, come la chioma dalle foglie!

La mente non è localizzabile e, come per l'albero, se si è sul ramo non la si vede anche se sono le basi da cui emerge e che cominciano a formarsi dal concepimento.

Queste basi, però, sono anche parti del corpo con cui interagiamo e con cui s'impara a distinguere gli oggetti (il biberon) dalle persone (la tetta).

Dalle sensazioni ed emozioni nasce la necessità di raccontarsi.

Nasce il bisogno di appropriarsi e inventarsi un modo capace di dire del contatto (con-tatto).

Nel lavoro terapeutico, a volte solo con i poeti si può descrivere con sufficiente pienezza il senso di tutto il cercare. E a volte ancora si avverte che, un lavoro come la vegetoterapia, è tutto questo in progressione inversa!

Giuseppe Ciardiello

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