lunedì 8 luglio 2024

Credenze, false credenze e meccanismi di difesa (MDD)

 

Gli animali hanno dei desideri? Certamente, ma per comprenderli è necessario partire dalle loro motivazioni, vale a dire da quelle propensioni che si traducono poi in azioni, come rincorrere, esplorare, competere.

Il gatto non vuole la pallina, desidera rincorrere, così come il cane ama collaborare e quando svolge un’attività insieme a noi ecco che il suo desiderio più grande si avvera.

Le motivazioni sono perciò delle tendenze all’azione che caratterizzano una specie o una razza rendendo il soggetto smanioso di poter compiere quell’attività.

Nel momento in cui le motivazioni del soggetto trovano soddisfazione perché richiamate ed espresse, magari in un gioco, l’animale trova gratificazione, cioè un piacere che è soprattutto coinvolgimento e gioia.

Ma c’è qualcosa di ancora più importante: poter esprimere le proprie motivazioni dà appagamento, cioè rasserena e tranquillizza togliendo inquietudine e noia, che sono alla base dei più importanti problemi comportamentali. (I bisogni e i desideri nel cane e nel gatto)



Da un punto di vista prettamente comportamentale, sono tante le cose che testimoniano la nostra appartenenza al mondo animale e tra queste c'è il bisogno e il desiderio che, tradotto nei termini dello scritto precedente: 'Le motivazioni sono perciò delle tendenze all’azione che caratterizzano una specie o una razza rendendo il soggetto smanioso di poter compiere quell’attività.' porta ad assimilarne i significati.

Dal punto di vista fenomenologico dobbiamo invece ammettere che è possibile ci sia una differenza sostanziale tra desiderio e bisogno.

La motivazione arricchita della fantasia, che carica il bisogno di tutto il pregresso significato storico ed evolutivo di ognuno, è ciò che fa dell'essere umano un 'essere desiderante'. E' ciò che prefigura un desiderio mai veramente realizzabile e che lo rende quindi anelante di un qualcosa mai veramente raggiungibile. Da questa condizione nasce la spinta allo sperare e l'anelito che conduce al 'credere'1.

Il 'credere' fa parte dell''essere umani' ed è come una precondizione da cui possono sorgere le regole della convivenza. Perciò si può 'credere' nell'altruismo, nella bontà, nell'odio, nelle diverse passioni, nell'appartenenza, nell'indipendenza o nell'interdipendenza. Ognuna di queste credenze è ugualmente legittima per cui il 'vero' non sta nell'essenza di una o dell'altra fede bensì nella loro condivisione. Più una credenza è condivisa più sarà legittimata.

La conseguenza del credere è che il comportamento adottato sarà ad esso conseguente e ci si muoverà quindi in base a ciò che si crede.

Credere in qualche cosa, e quindi avere una credenza significa che, nell'approccio con la realtà e nelle relazioni, si contribuisce a costruire rapporti che configurano una relazione alla cui base c'è quella credenza. Ci si circonda quindi di condizioni che confermano la credenza e si escludono quelli che non la confermano. Coerentemente con la credenza, ci si circonderà inoltre di eventi che la confermano e si acquisirà una corrispondente sensibilità e preferenza. Per conseguenza gli eventi e le esperienze che disconfermano la credenza non sono colti e, trascurati con superficialità, passano inosservati.

Credere, in qualche modo vuol dire 'creare' in un gioco di fantasia dove si costruisce la realtà.

Questi stessi comportamenti alimentano e sostenegono le false credenze.

Se da piccoli ci si convince di essere inadeguati o incapaci e se si è stati destinati ad una categoria particolare, per designazione genetica o sanitaria, dai genitori, dagli amici o parenti, e a volte anche dagli educatori o maestri e insegnanti, poi ci si comporterà in maniera tale da riprodurre le caratteristiche di quella categoria con un'enorme difficoltà a cambiare destino e venirne fuori in maniera indolore. In ciò consistono le 'false credenze': convinti di essere sfortunati, sfigati, cattivi, inadeguati, indegni di amore e di attenzione, brutti e incapaci, oppure eccezionali, speciali, fidati ecc., ci si ritroverà con situazioni che quella credenza sostengono e dimostrano. Così la realtà si completa nella circonferenza di un cerchio in cui il 'cane si morde la coda': è così perché ci credo; ci credo perché è così.

Una storiella di Osho ironizza su ciò che può accadere alle persone 'credenti':

"Due preti stanno giocando a golf. Il più giovane manca una buca facilissima ed esclama: <<Cazzo!>> Il più anziano lo rimprovera ammonendolo: <<Fratello, se continui a dire parolacce, Dio andrà in collera e ti annienterà con un fulmine!>>

i prelati riprendono a giocare; di nuovo il più giovane manca un'altra buca, ed esclama: <<Cazzo!>>

All'improvviso i cieli si spalancano, si ode un fragor di tuono e un fulmine lampeggia repentino... stendendo il prete più anziano, che rimane riverso al suolo, stecchito.

Cala un silenzio eterno, poi la voce del Signore rimbomba nel cielo come un tuono: <<Cazzo!>>

Le tue divinità non possono essere diverse da te. Chi le crea? Chi dà loro forma o colore? Tu le crei, tu le scolpisci: hanno occhi come i tuoi, un naso come il tuo... e una mente come la tua!" (da 'La mente che mente', Osho, Urra ed., 1979, p. 99).

I MDD sono processi organismici allo stesso modo delle credenze. Articolano in maniera complessa il modo d'essere delle persone e ne disegnano le modalità interattive. Come le credenze anche iMDD in quanto processi non è detto che siano stati individuati completamente. È possibile ci siano ulteriori configurazioni non ancora individuate e che possano emergere con l'aumentare delle conoscenze delle dinamiche relazionali.

Presenti in ogni persona, lo sono in ognuno in modo (modalità e grado) diverso perciò, quando ci si chiede da dove vengano, come si formano e quali stimoli sono necessari perché si configurino i MDD, ci si sta ponendo false domande. Osservando con più attenzione i processi che li formano è facile intuire che i processi del 'credere a qualcosa' o 'proiettare', 'dissociare' o 'idealizzare' sono tipici modi di 'essere umani'. Questi processi appaiono costitutivi dell'organismo nel senso che sono potenzialmente presenti nell'organismo umano fin dalla nascita (e sarebbe meglio dire fin dal concepimento!) e fin da allora hanno la stessa possibilità di realizzarsi. Nel corso della crescita e dello sviluppo delle relazioni, i MDD si concretizzano incarnando modi interattivi personali. Tali processi assumono l'aspetto, psichico e corporeo, corrispondente alle configurazione con cui li conosiamo presentandosi in modo singolarmente simili, ma non uguali, in ogni persona.

In pratica è in 'questo modo' che l'essere umano funziona.

Questi processi sono parte del modo d'essere delle persone al punto che, se non ci fossero, non saremmo quello che siamo. Saremmo probabilmente 'non umani' perché la nostra umanità è data proprio dall'esistenza di questi processi che ci rendono sensibili alle relazioni che così possono condizionarci.

È apparentemente banale parlare dei MDD in termini di costituzionalità ma è proprio questa loro imprescindibilità che permette di ricondurre la loro eventuale disfunzionalità, del credere e dei MDD, non al loro essere presenti o meno nel complesso personologico, bensì al loro grado di utilizzazione piuttosto che alla semplice presenza.

Nell'organismo umano tutte le credenze sono possibili così come lo sono tutti i MDD per ogni personalità. I processi alla loro base sono uguali per ogni persona così che ognuno decide di credere ad una o all'altra cosa allo stesso modo in cui ognuno alimenterà alcuni MDD invece che altri. Si crederà di più a qualcosa e meno a qualcos'altro ed emergeranno più intensamente alcuni MDD rspetto ad altri. La distinzione la faranno la rigidità e la frequenza con cui le rispettive credenze e i MDD saranno attivati e che, al di là di una 'normale' finestra di tolleranza, ne decreteranno la disfunzione.

Credenze e MDD di difesa nel corpo

Anche nell'uso di una psicoterapia corporea come la Vegetoterapia, che si confronta con la disamina degli aspetti cognitivi a partire dal corpo, ci si incontra con le credenze e i MDD che, facendo parte parte del modo d'essere della persona, assumono anche una forma corporea che li fa definire incarnate. In una configurazione organismica complessiva la persona "è" i suoi modi di difendirsi e i suoi modi di credere per cui, da un punto di vista terapeutico, è necessario pervenre a una formula che decodifichi la relazione che l'organismo agisce nello svolgimento dell'interazione con l'operatore terapeutico.

Ma allora che significa svolgere un lavoro corporeo riferendosi ad una psicoterapia 'Corporea'?

Fino a qualche anno fa l'atteggiamento generale degli psicoterapeuti corporei era quello dell'osservazione comportamentale. Più che a questo tipo di osservazioni, la Vgt parlava genericamente di energie e faceva riferimento anche a quegli aspetti più tipicamente automatici e 'vegetativi' quali brividi, tremori, tensioni, temperature, rigidità posturale, modalità di appoggio dei piedi, elasticità delle ossa mobili (prima di tutto gabbia toracica e colonna vertebrale), mobilità del bacino ecc. Anche queste manifestazioni però non rappresentavano tutto l'organismo e non erano le uniche 'vere' rappresentazioni del modo d'essere delle persone.

Con l'avvento delle neuroscienze, della New age e dei più recenti punti di vista (Searle ecc.) che hanno recuperato alla scienza le modalità introspettive della meditazione buddhista e delle esperienze orientali, con l'apporto dell'osserazione in prima persona, l'aspetto energetico ha preso un significato più ampio: "A partire dalle sensazioni bottom – up, costruiamo innumerevoli forme di percezione e cognizione: i nostri pensieri e ricordi e le nostre convinzioni sul mondo. A loro volta, queste costruzioni esercitano un influsso top down. È così che giungiamo a vedere ciò che corrisponde alle nostre convinzioni: È il risultato del livello top down delle nostre costruzioni mentali, che influiscono sul nostro modo di fare esperienza della realtà.

E il Sé può diventare una di queste costruzioni top down; infatti, la nostra concezione del Sé deriva da ciò che abbiamo appreso, e questa concezione a sua volta plasma la nostra percezione del Sé: il nostro senso del Sé si basa su ciò che crediamo che esso sia. È un processo che si rinforza da sé, che si autorinforza. ('Tra me e noi', D. J. Siegel, Raffaello Cortina ed., 2023, p. 25)

In quattro dei miei libri precedenti ho avanzato l'ipotesi che la mente sia una proprietà emergente di flussi di energia incorporati e relazionali; i flussi hanno origine, emergono, dentro il nostro cervello e il nostro corpo delimitato dalla pelle (flusso incorporato) e all'interno delle nostre relazioni con le persone e il pianeta (flusso relazionale). (idem, p. 73)

Nel libro appena citato D. J. Siegel descrive l'organismo umano come composto da flussi di energie che si incontrano configurando forme composite che, coordinate e integrate, costituiscono singole e soggettive armonie dell'organismo umano.

Così considerate le forme assunte dagli organi, dal cervello, dalle ossa, dalle fibre muscolari, dai tendini ecc., sono le diverse configurazioni assunte da un'unica forma di energia che, nell'organismo umano si organizza e genera quella che definiamo 'mente'.

Da questo punto di vista non ha più senso differenzire le funzioni organismiche che, da sole, non spiegherebbe mai la genesi mentale.

Pur essendo estremamente utili in campo scientifico (medicina, biologia ecc.), anche in psicologia la differenziazione corporea si rivela fallace. Anche quando è necessario conoscere in dettaglio i singoli organi che compongono l'organismo, come quando è necessario conoscere il ruolo svolto dai neuromediatori (sostanze chimiche prodotte dal corpo stesso) e dai neuroni (organi costituenti i diversamente definiti sistemi nervosi), i prodotti mentali non sono riconducibili a singoli settori corporei o agli organi del sistema nervoso. Così, dato che il corpo comprende anche il SNC (cervello) e periferico (nervi e midollo spinale), e che è l'organismo complessivo a costruire e sostenere le relazioni, il corpo e la mente formano un'unica realtà: CorpoMente.

In tal caso ogni forma corporea contiene in sé l'impronta mentale che colora l'agito relazionale. Che detto in altri termini significa che le proprie credenze, le convinzioni e difese (fische/mentali) formatesi per le relazioni vissute nel corso delle prime vicende evolutive, hanno una forma che è sostenuta da un processo neurofisioogico che si riverbera in tutti gli agiti relazionali successivi.

Sarà allora possibile, avendo appreso un vocabolario tecnico operativo adeguato (la Vgt), tradurre le azioni corporee in azioni mentali corrispondenti così da comprendere le credenze e i MDD specifici che le accompagnano.

Appare quindi chiara la funzione degli acting di Vgt: sono proposti allo scopo di promuovere un 'agito' in ambiente protetto (il setting terapeutico) che, libero dalle influenze esterne, può testimoniare e rendere evidente la forma mentale implicita.


Giuseppe Ciardiello



1L'uso del verbo al posto del sostantivo è deliberato per sottolineare l'insostanzialità del processo.

Nessun commento:

Posta un commento