Ho trovato alcuni vecchi numeri di ‘Energia Carattere e Società’ in cui ho scoperto che, fin dal nostro apparire, come cultori della materia Vegetoterapeutica, abbiamo insistito nel presentare argomenti sempre identici .
Forse per il bisogno di un’identità socialmente e scientificamente negata, abbiamo insistito a parlare di Energia, di Tratti Caratteriali, di Livelli Muscolari frammisti ad articoli che, almeno fino a tutti gli anni novanta, si occupavano della società nella quale si ipotizzavano gli stessi difetti di ‘circolazione energetica’ che si ipotizzavano nelle persone. Questo proponeva l’antico detto per cui, se vuoi cambiare la società devi cambiare te stesso.
Io credo che questo indirizzo, un po’ filosofico, un po’ mistico e un po’ scientifico, ci abbia distratti grossolanamente dalla relazione relegandoci ad un’osservazione esclusivamente intrasoggettiva che, almeno in alcuni gruppi, persevera ancora oggi.
Vorrei ripresentare alcuni articoli così che possano fungere da riferimento sia per posizioni abbandonate da noi stessi sia per posizioni che oggi vanno abbandonate perché terapeuticamente anguste.
I primi due articoli sono di due donne vissute in anni di formazione dei gruppi che si sono occupati di Vegetoterapia: Angela Russo e Giovanni D’Aci.
Negli scritti dei cultori di Vegetoterapia si è sempre fatto riferimento al comportamento infantile quando si è reso necessario riferirsi ad una forza vitale, intrinseca all’individuo, che lo muoveva nei confronti della realtà.
L’energia supposta è sempre stata vista come un fiume che, nell’incontro con i diversi ostacoli presentati dalla realtà, prendeva di conseguenza una forma di adattamento funzionale alla sua sopravvivenza. Questa forma era il carattere che era anche condizionato dal tipo di ostacoli incontrati. Questi ostacoli erano diversificati dal periodo dell’incontro perché ogni periodo storico individuale presentava un’erogeneicità differente. Così, se un ostacolo sociale si presentava nel periodo di preminenza orale o muscolare, non potendosi realizzare la naturale forma caratteriale, l’aspetto orale o muscolare prendeva una forma diversa dalla ‘normalità’ di sviluppo.
Al di là del fatto che i presupposti da cui si partiva non erano supportati da osservazioni controllate né da riferimenti scientifici adeguati, appariva evidente che si considerava esistente una normalità di riferimento che, in quanto tale, assumeva le caratteristiche dell’oggettività.
Forse era l’uso del termine ‘energia’ che, riferito al comportamento acquisito interattivamente, dava l’impressione di osservare oggettivamente (scientificamente) il comportamento.
In realtà non c’era e non c’è nessuna evidenza scientifica capace di dimostrare un legame, più o meno stretto, tra la mancanza di montata lattea e l’incapacità del futuro adulto di ‘nutrirsi’ adeguatamente delle opportunità che la realtà gli offre. Oppure tra l’incapacità di nutrire il figlio, da parte di una donna frustrata o arrabbiata o menomata, e la depressione del futuro uomo. Forse il legame c’è ma non dipende dal solo aspetto energetico genericamente inteso.
Oggi è necessario fornirsi di un quadro di riferimento più ampio per poter spiegare fenomeni sociali perché più ampio e dettagliato è l’assetto di discrimine e integrazione che la realtà scientifica ci impone.
Le osservazioni derivanti dalle neuroscienze e dalla materia quantistica se da un lato ci indicano la soggettività fenomenologica dei vissuti, dall’altro ci obbligano a smettere i panni dell’osservazione oggettiva dato che esiste solo una realtà soggettiva che deriva da una costante relazione ed interazione tra persone che assumono, l’uno per l’altro, senso e significato così da dare luogo alla nascita dei processi mentali. In pratica non esiste una realtà normale perché non esiste ‘il significato’ ma tanti significati diversi in relazione a interazioni diverse in momenti e stati diversi.
Allora le problematiche fin’ora definite ‘orali’, ‘oculari’ ecc., solitamente indicate come ‘blocchi energetici’, vanno ridefinite come difficoltà relazionali che nello scambio interattivo trovano la loro definizione. Per la descrizione di questi aspetti interattivi è molto più utile l’utilizzo delle Dimensioni Psicologiche che sono in grado di cogliere tutti gli aspetti comportamentali delle persone: emotivi, cognitivi e corporei.
Se manca lo scambio relazionale, manca il comportamento e vengono a mancare anche il ‘lettore’ e ‘l’osservatore’: ‘Il ripensamento del mondo a cui ci forzano i quanti cambia i termini della questione. Se il mondo è relazione, se capiamo la realtà fisica in termini di fenomeni che si manifestano a sisemi fisici, allora non esiste descrizione del mondo dall’esterno. Le descrizioni del mondo possibili sono, in ultima analisi, tutte dal suo interno. (…) Se immaginiamo la totalità delle cose, stiamo immaginando di essere fuori dall’universo a guardare… Il punto di vista dall’esterno è un punto di vista che non c’è. Il mondo visto dal di fuori non esiste: esistono solo prospettive interne al mondo, parziali, chesi riflettono a vicenda. Il mondo è questo reciproco riflettersi di prospettive.’ ( Carlo Rovelli, ‘Helgoland’, Adelphi, 2020)
Giuseppe Ciardiello
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