martedì 14 maggio 2024

Interpretazione, contestazione, contestualizzazione e contrastazione in vegetoterapia

Perché in psicoterapia è molto più consigliabile contestare, contrastare e contestualizzare piuttosto che interpretare? E questo, vale anche per la vegetoterapia?

Sempre l'arte può aiutare a spiegare in modo molto semplice quelle stranezze e verità psicologiche più di quanto potremmo fare con ragionamenti e spiegazioni logiche.

Proviamo ad osservare l'immagine che segue: 


Cosa ci vediamo? Cosa ci fanno venire in mente queste immagini?

La realtà è che questa foto riproduce nient'altro che una serie di colori spiaccicati sulla parete del muro di una casa (in località Testaccio che è un quartiere storico di Roma). 

Si tratta di macchie di colore diversamente composte che, ombreggiando queste pareti, assumono una certa composizione lineare e cromatica. In queste linee e in questi colori ognuno di noi ci vede determinate cose.

Per poter dare senso a queste linee e macchie viene solitamente usato il meccanismo della proiezione. Cioè proiettiamo la sintesi delle nostre esperienze pregresse, con quelle linee e quei colori, dando forma a quella che è la nostra immaginazione riempendo e colmando con la fantasia i tratti mancanti. 

In questa operazione ognuno riempie a modo proprio gli spazi mancanti dando una forma molto soggettiva a quelle linee e a quei colori. Questa operazione è definibile come: interpretazione (L’atto e il modo di scoprire e spiegare quanto in uno scritto o discorso appare oscuro od oggetto di controversia, di attribuire un significato a ciò che si manifesta o è espresso in modo simbolico, attraverso segni convenzionali o noti a pochi)

La cosa interessante dell'interpretazione è che è un processo che una volta realizzatosi non può essere annullato. Così una volta dato un senso ben specifico a quelle linee e a quelle macchie, non possiamo più tornare alla condizione mentale originaria in cui non c'era ancora un senso unificato.

Nello specifico, per tornare al nostro disegno sul muro, possiamo interpretare queste macchie come la rappresentazione di un bambino e già questa sarebbe un'interpretazione di quelle macchie perché la dimensione e le forme rappresentate sono ben diverse da quelle di un bambino reale.

Poi, anche nella figura affianco si può dedurre l'immagine per esempio una macchina sfasciata, si possono intravedere delle nubi e interpretare la piccola macchia in fondo a sinistra come un piccolo cuore (rispetto all'immagine complessiva) e, la macchiolina in cima, come una bambolina su un monte.

Insomma è evidente che quello che mettiamo in atto è un processo interpretativo alla cui base c'è la proiezione. Quindi possiamo facilmente riscontrare, in un normale processo quotidiano di lettura della realtà che ci circonda, la messa in atto di meccanismi di difesa evidentemente attivi quotidianamente in ognuno.

Della proiezione la cosa interessante è che ognuno può proiettare qualunque cosa che però sia soggettivamente importante. Le stesse macchie di colore, per tutti uguali e per tutti poste in una stessa identica configurazione, assumono per ognuno un significato diverso.

Messe insieme, l'interpretazione e la proiezione, in terapia assumono un senso particolare: una volta che qualcuno interpreta in un certo modo le macchie sul muro, queste assumono una configurazione condivisa che non consente più il ritorno alla condizione iniziale di confusione. Non è più possibile annullare l'emergenza di quell'immagine per tutti quelli che di quelle macchie faranno esperienza avendo conoscenza della precedente interpretazione.

Per esempio nell'immagine rappresentata oltre alla macchina sfasciata, alla bambolina e al muscolo cardiaco, pur non essendo perfettamente evidente, la nostra fantasia riempie gli spazi lasciati dalle nuvole e compone la figura di un cane. 

Una volta definito, anche le persone che all'inizio non lo avevano dedotto possono più facilmente riuscire a vederlo 'rappresentato' (anche se non lo è compiutamente) e ancora di più ci si riesce se alla descrizione verbale aggiungiamo il fatto che la macchina sfasciata è tra le fauci di questo 'cane lupo'.

Una volta resisi conto che quelle macchie rappresentano quell'oggetto non si può più fare a meno di vedercelo!

Cosa si può dedurre da questo processo così condizionante?

Intanto che il processo interpretativo è un processo interattivo estremamente pericoloso. Se anche nelle interazioni umani comuni e quotidiane, una volta realizzatosi rischia di vincolare le persone e non lasciarle più libere di supporre ulteriori sviluppi concettuali a interpretazione degli eventi, figuriamoci il valore che assume  nelle transazioni terapeutiche.

Se l'interpretazione è così vincolante, e da questo punto di vista così deleteria per l'ambito terapeutico, transazioni meno deleterie sono la contestazione, la contrastazione e la contestualizzazione che in qualche modo sono transazioni che, aggirando la necessità della personalizzazione, sono spinte che cercano l'arricchimento soggettivo delle forme assunte da quelle macchie e per le quali ognuno può esprimere una propria interpretazione .

Spesso si è convinti di dover distinguere la psicoterapia corporea da quella cognitiva demarcando fortemente gli interventi cognitivi, e quindi verbali, da quelli corporei. In realtà si possono usare questi strumenti cognitivi anche in modalità metaforica nel campo corporeo, e vegetoterapeutico, ricorrendo a strategie di contato corporeo.

Per esempio si può lavorare sulla respirazione. Facendo distendere una persona e chiedendogli di respirare profondamente, gli si appoggiano le mani sul torace assecondando il movimento respiratorio. L'assecondamento al respiro spontaneo della persona distesa richiede la sintonizzazione del movimento dell'intero corpo del terapeuta al respiro che corrisponde, in qualche modo, alla dimensione della contestualizzazione. E' come un reciproco prendere atto del contesto esperienziale e l'intera sequenza prende forma di un accordo reciproco circa la modalità contestuale dell'atto.

La contestazione nasce dall'accentuazione delle fasi di inspirazione o espirazione o pausa. Durante le diverse fasi si può: a) aumentare la pressione sul torace nella fase di espirazione (ciò lascia intendere che è possibile andare oltre il limite espiratorio). b) sollevare la cassa toracica quando il paziente è al massimo della sua dilatazione polmonare (si può agire sollevando la cassa toracica Sollevandole costole mobili oppure spingendo dalla parte scapolare).

Allo stesso modo la pausa può essere accentuata o diminuita indugiando o sollecitando il movimento della cassa toracica. Tale pratica sembra suggerire la possibilità di un'accelerazione respiratoria oppure un suo rallentamento e quindi un prolungamento della pausa.

Il processo di contrastazione si può proporre opponendosi ai relativi movimenti respiratori. Si può comprimere il torace nella fase di inspirazione oppure sollevarlo, come sopra, agendo sulle scapole o sulle costole libere.

Anche per la vegetoterapia vale quello che è stato detto, all'inizio di questo lavoro, a proposito dell'interpretazione. La configurazione, fisica e psichica, assunta complessivamente dal vissuto della persona, una volta interpretata prende una forma ben definita e rende poi impossibile il ritorno allo stato mentale precedente l'interpretazione stessa. Ciò vuol dire che le configurazioni assunte con le modalità respiratoria suggerite dal terapeuta, possono essere interpretate solo dalla persona che le ha sperimentate. Il paziente resta l'unico legittimato a descrivere sia la forma che secondo il suo punto di vista quella configurazione ha assunto, sia i vissuti che gli si sono presentati nel momento della sperimentazione.

Ciò vale per qualsiasi movimento si possa svolgere o che si possa proporre al paziente e per qualsiasi parte del corpo si possa investire. Le diverse dimensioni della contestazione, della contestualizzazione e della contrastazione si possono utilizzare per qualsiasi acting di vegetoterapia.

Giuseppe Ciardiello